CAPELLI foto performance video 2019

CAPELLI DAL 2014 AL 2019 5 ANNI 60 FOTO VIDEOPERFORMANCE

ph Costantino Forte

Che avessero ragione i Greci?Tutto torna. Tempo circolare.S’arriccia.Come i capelli, se il tempo è brutto.I capelli, emanazione tricotica che buttiamo nel mondo. Li perdiamo, li acconciamo, li tagliamo, coloriamo, tiriamo, odoriamo, laviamo.Antonia Bufi ha deciso di abbandonarli a vita separata. Da una testa tonda e lineare si evolve. Si riempie, fiorisce e sboccia. Si abbandonano sulle spalle, sul collo, sul seno, fino alla pancia, i capelli. In sessanta scatti si narra un’evoluzione, una crescita, accompagnata e allo stesso tempo separata.Uno scatto al mese a documentare il tempo che passa. Comincia celata da un paio di occhiali da sole. Ancora non pienamente consapevole del processo, del susseguirsi futuro e inarrestabile.Il tempo come i capelli. Entrambi passano, crescono, vengon perduti, ci si dimentica del loro aumentare, si accumulano tanto lentamente da non percepirne il movimento.Ci sono velocità che non percepiamo. Non vediamo il battito d’ali di un colibrì, è troppo veloce. Non vediamo crescere i capelli o le unghie, è troppo lento. Fermiamo il tempo, vediamo le ali, vediamo i capelli. Rubiamo un attimo eterno allo scorrere inesorabile.Fotografiamo.Rubiamo sessanta volte. Vedremo battere le ali, crescere i capelli, vedremo i singoli granelli di sabbia di una clessidra, vedremo lo scorrere del tempo. Ma i capelli ricrescono. È un ciclo dal quale non ci si può astenere. Tutto ritorna, come prima ma diverso da prima. Si torna al punto di partenza, questa volta senza occhiali da sole, senza filtri, completamente esposti e consapevoli, responsabili.Antonia Bufi ci mostra il tempo che scorre, lo zelo nel cercare di imbrigliarlo nella tecnica fotografica. Ci dice che tutto si evolve, lo schiaccia in due dimensioni, eccolo lì, è passato, è lungo, ma c’è ancora tempo.Siamo nel circolo, ci sembra di uscirne, ma non se ne esce mai. Non esiste fuori tempo, noi siamo il tempo.collaborazione musica video Alex Bufi

DIARIO
Ho sempre portato capelli corti e trattati, poi ho deciso un bel giorno di farli crescerli e non tagliarli. Fotografandomi una volta al mese, come fosse un rito sacro, son passati 5 anni. Non tingerli più, non modificali, vedere il naturale percorso. Sentire il fastidioso calore in estate e il piacevole calore in inverno, che ti avvolgeva. Il bisogno di qualcuno che te li asciugava mentre eri troppo stanca per reggere il phon. Perdere troppo tempo per lavarli e asciugarli, vedersi bella con acconciature, vedersi brutta quando si arruffavano. L’umidità poi… imparare a gestirli nel primo anno di crescita, usare prodotti, fasce, elastici, ferretti, berretti. Amarli, odiarli. Usare asciugamani sempre più grandi per avvolgerli dopo il lavaggio. Ricordarsi di legarli prima di andare a dormire perché si incastravano tra le spalle e il cuscino, ricordarsi di legarli prima di alzare la cerniera della giacca fin su ritrovandosi piccole ciocchette incastrate. Legarli mentre si mangiava, specialmente il pesce… Specialmente quando si avevano rapporti. Quella sgradevole sensazione dei capelli in bocca poi… Ricordarsi di legarli mentre si dipingeva perché si riempivano di pittura. Ricordarsi di avere sempre un elastico: quegli elastici che se non li legavi bene si ingarbugliavano creando una matassa difficile da sbrogliare e lì interveniva la prima persona accanto a te più calma, perché l’istinto era quello di prendere delle forbici e tagliare, quegli elastici utili come antistress. Usare ciocche tra le dita come antistress quando si era in situazioni imbarazzanti. Il vento… così irritante essere controvento… in estate, il finestrino della macchina aperto e il vortice che te li arruffava appena stirati intralciando la vista… ma era così piacevole camminare con il vento tra i capelli. Capelli che si bloccavano - se sciolti - tra lo zaino e la spalla. Lavandino pieno di capelli… risparmiare economicamente perché si evita il parrucchiere e la noia dell’andarci, le dicerie a volte divertenti, a volte troppo noiose. Capelli da spazzare nei periodi di caduta, il panico… era solo il periodo delle castagne… così lo chiamano. Sentire il cattivo odore degli ambienti, specialmente la frittura nei locali… magari li avevi lavati qualche ora prima. Il profumo dello shampoo, finalmente quello giusto dopo averne cambiati tanti che ti rendevano i capelli o troppo aridi o troppo unti. Il peso fisico nel lavarli. I nodi e il dolore, in momenti magari anche romantici in cui ti passavano delle semplici dita… tra i… La sensazione di fresco così piacevole dei capelli bagnati grondanti d’acqua in estate dopo un bagno in mare e quel peso, invece, solo al pensiero di doverli lavare per togliere la salsedine. La gioia infinita che il progetto prendeva forma, i momenti di sconforto perché c’era quella forte tentazione di tagliarli e mandare tutto a puttane. Il progetto durato cinque anni in un periodo storico della mia vita in cui ho visto aumentare lunghezza e capelli bianchi. Conoscenti, amici e parenti che mentre ti parlavano ti accarezzavano le lunghezze. Decidere di donarli (UN ANGELO PER CAPELLO) perché farli crescere per un progetto artistico è una cosa, donarli è un’altra. I capelli ricrescono ma non a tutti, i capelli, a parte l’estetica, non servono a molto per la gente comune, per chi ha problemi oncologici è un aiuto alla guarigione. L'arte diventa prassi nella realtà materializzandosi in azioni di pubblica utilità.. finalità eterogenee.Molfetta, 28.05.2019 Antonia Bufi
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